Barack Obama
18 Marzo 2008, Constitution Center – Philadelphia, Pennsylvania*
Duecentoventuno anni fa, qui vicino, in un edificio che esiste ancora oggi, un gruppo di persone si incontrò e con queste semplice parole lanciò l’improbabile esperimento democratico americano. Contadini ed intellettuali, uomini di stato e patrioti che avevano attraversato l’Oceano per fuggire la tirannia e la persecuzione, alla fine realizzarono la loro dichiarazione di indipendenza in un congresso a Philadelphia che terminò nella primavera del 1787. Il documento prodotto venne alla fine firmato ma nella sostanza rimase incompiuto. Era macchiato dal peccato originale di questa nazione, la schiavitù; una questione che divise le colonie e che portò il congresso ad un’empasse, fino a che i padri fondatori decisero di permettere la continuazione del mercato degli schiavi per almeno vent’anni, lasciando la decisione finale alle generazioni successive. Chiaramente, la risposta al problema della schiavitù era già contenuta nella nostra Costituzione, una Costituzione basata sull’ideale della pari cittadinanza sotto la legge; una Costituzione che prometteva alla sua gente libertà, giustizia ed un’unione che poteva e doveva essere perfezionata con il passare del tempo. Tuttavia, le parole scritte su una pergamena non sarebbero state sufficienti a slegare gli schiavi dalle loro catene o a dare a uomini e donne di ogni colore e credo pieni diritti e doveri come cittadini degli Stati Uniti. Quel che fu necessario furono Americani delle generazioni successive desiderosi di fare la loro parte, con le proteste, le lotte, sulle strade e nei tribunali, con una guerra civile e con la disobbedienza civile, sempre correndo grandi rischi, al fine di ridurre la distanza tra la promessa degli ideali e la realtà del tempo in cui vivevano. (…)
* La traduzione è opera di Marco Schwarz
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