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Protocollo di Kyoto (2005)

Il Protocollo di Kyoto
(febbraio 2005)

Accordo internazionale per la riduzione dei gas ad effetto serra

Si tratta di un accordo internazionale, sottoscritto nel 1997 da 84 Paesi, che indica gli obiettivi per la riduzione dei gas ad effetto serra : viene fissata per i paesi industrializzati una diminuzione del 5% in media ( 6,5% per l’ Italia) entro il 2012, rispetto ai loro livelli di emissione del 1990.

Poichè l’ attuale tendenza è di un aumento notevole delle emissioni, la riduzione del 5% sarebbe un grande risultato (i Paesi sviluppati dovrebbero ridurre le loro emissioni anzichè incrementarle decisamente), comunque non sufficiente a fermare l’ aumento di temperatura.

Quali gas e quali paesi

L’accordo riguarda sei gas ad effetto serra :

* biossido di carbonio (CO2);
* metano (CH4);
* protossido di azoto (N2O);
* idrofluorocarburi (HFC);
* perfluorocarburi (PFC);
* esafluoro di zolfo (SF6).

prevede limiti alle emissioni di 39 paesi (quelli relativamente più sviluppati), fra cui, in ordine di emissioni discendente:

USA

Unione Europea (15 paesi)

Russia

Giappone

Canada

Polonia

Bulgaria e altri paesi Est Europei

Svizzera

Norvegia

Nota

I CFC, clorofluorocarburi, non sono menzionati dal protocollo di Kyoto perchè la loro limitazione è già prevista nel Protocollo di Montreal

La regola del 55%

Perchè il Protocollo di Kyoto entri in vigore lo dovranno ratificare almeno 55 Paesi (questa condizione è già stata raggiunta : il trattato è ormai stato ratificato da più di 100 Paesi), purchè le loro emissioni globalmente rappresentino almeno il 55% delle emissioni dei paesi industrializzati del 1990.

Quest’ ultima condizione risulta più critica dal momento che gli USA – lo stato che inquina di più l’ atmosfera con il 36% di emissioni di anidride carbonica – e l’ Australia non hanno ratificato il Protocollo, che è stato invece approvato da Unione Europea, Giappone, Canada, Polonia ed altri paesi, che rappresentano insieme il 43,7% delle emissioni del 1990. Perchè il Protocollo vada definitivamente in vigore deve essere ratificato dalla Federazione Russa, che “vale” il 17,4%.

Con l’adesione della federazione russa il protocollo entra in vigore il 16 febbraio 2005 .

I meccanismi di flessibilità

Per raggiungere gli obiettivi indicati a Kyoto, possono essere utilizzati strumenti che intervengono sui livelli di emissioni di gas a livello locale, nazionale o transnazionale.

Il protocollo prevede tre strumenti:

– Emission trading (commercio delle emissioni) : le foreste piantate dopo il 1990 vengono considerate depositi di carbonio, e vengono riconosciuti crediti che sostituiscono i tagli alle emissioni.

I Paesi relativamente sviluppati possono acquistare e vendere permessi di emissione, per ridistribuire nel modo più economico fra i vari Paesi e fra imprese le quote di emissione concordate.

– Joint Implementation (Implementazione congiunta) e Clean Development (Sviluppo pulito) : Consentono di realizzare la riduzione delle emissioni in Paesi Terzi, dove i costi di abbattimento sono più bassi.

Le misure di flessibilità vengono considerate supplementari rispetto alle azioni domestiche.

Critiche al Protocollo di Kyoto

La critica fondamentale riguarda l’ efficacia dell’ accordo : perfino una piena implementazione del Protocollo avrebbe un impatto limitato, nonostante i costi elevati; in ogni caso occorre prepararci ad un certo livello di cambiamento climatico.

Una seconda critica viene principalmente dagli USA, ed è relativa al fatto che praticamente nessun sacrificio viene richiesto ai Paesi in via di sviluppo: questo in seguito all’ accoglimento del cosiddetto Principio di Responsabilità (secondo cui i Paesi che hanno maggiormente contribuito ai livelli attuali di concentrazione dei gas devono essere i primi a sostenere i costi ed a ridurre le emissioni).

Altre critiche riguardano i meccanismi di flessibilità, che vengono visti con un certo sospetto. Per esempio, essi non considerano “debiti” di carbonio dovuti alla distruzione di foreste esistenti, ma solamente “crediti” per quelle piantate dopo il 1990. Recentemente si è tuttavia formato un mercato spontaneo per i permessi di emissione, soprattutto da parte di industrie Nordamericane.

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