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Fascismo e nazismo

Il Nazismo

Presupposti storici:

  • Debolezza della repubblica di Weimar
  • Importanza della guerra mondiale
  • Coalizione anti-Weimar

Il partito Socialdemocratico (Spd)

E’ il partito marxista più forte dell’Europa occidentale. La repubblica di Weimar, figlia della sconfitta militare, è sostenuta principalmente dalla SPD. Il problema fu che non riuscì ad allargare il consenso verso la repubblica oltre i confini della classe operaia socialdemocratica; con l’appoggio debole dei conservatori, si trovò ben presto contro una vera e propria coalizione anti-Weimar.

La coalizione anti-Weimar

In pratica il nuovo stato risultò inviso a molti “pezzi” dello stato stesso:

Esercito

Grandi industriali

contrari a qualunque protezione sociale

Magistratura

è la stessa dello stato imperiale militarista

Junker (grandi proprietari terrieri)

per la prima volta nella storia perdono il potere

Artigiani e commercianti

resi precari dalla modernizzazione (supermercati)

Falliti del 1920-24 l’inflazione record dei primi anni ’20 lascia sul lastrico molti piccoli risparmiatori. Questi associano l’avvento della repubblica con il personale fallimento economico.

Per dare l’idea del disastro sociale creato dall’inflazione, va considerato che nel 1923 l’unità monetaria perse di un milione di milioni il valore che aveva nel 1913. In vita quotidiana significa che, ad esempio, la riscossione di una polizza assicurativa maturata in periodo inflazionistico poteva bastare all’acquisto di una bibita nel miglior caffè di Berlino!

In ogni caso fino al 1928 la maggioranza dei tedeschi appoggiava al repubblica. Fu la crisi economica del 1929 ad invertire la situazione. È la grande crisi la base del trionfo nazista .

In Germania il tracollo della finanza americana fu particolarmente grave perché la ripresa era in gran parte finanziata dal capitale statunitense. Gli Usa prestavano denaro a breve termine, le banche tedesche facevano prestiti a lungo e medio termine. Quando nel ’29 gli istituti di credito americani chiesero indietro i capitali le banche tedesche, prive di liquidità, fallirono in massa. La catena dei fallimenti si estese all’intero ciclo produttivo: industrie, imprese, negozi, famiglie.

Risultati: conti correnti non fruibili e disoccupazione alle stelle. Il Pil regredisce, i prezzi crollano e circa 1/3 della popolazione della lavorativa è disoccupata (40% sono operai).

NOTA: In Italia i prezzi erano molto alti nei primi anni ’20, questo spinse a scioperi e saccheggi. La situazione socio-economica era molto diversa. Fu la caduta dei prezzi associata alla disoccupazione a favorire l’adesione di massa al partito nazionalsocialista (Nsdap); non – come in Italia – la paura della rivoluzione socialista.

Il minuscolo partito di Adolf Hitler, da alcuni anni ai margini della vita politica, conosce nel pieno della crisi una escalation di consensi clamorosa.

MAG ’28 – 21.6%

SET ’30 – 18.3%

LUG ’32 – 37.3%

SET ’32 – 33.1%

MAR ’33 – 43.9%

Soltanto l’elezione del marzo 1933 è viziata da un clima intimidatorio e terroristico.

Ma chi ha votato per Hilter?

Non appoggiarono la Nsdap i grandi industriali e neanche i Junker: loro erano conservatori. E anche se detestavano la repubblica di Weimar, non avevano simpatia per i mezzi rozzi e violenti delle camicie brune.

La classe operaia rimase contraria al nazismo, ma non in modo assoluto. Nel 1933 infatti ben trecentomila tessere del P.N. erano di operai: in genere giovani disoccupati o dipendenti di piccole fabbriche succubi dei padroni (lo spirito paternalista!).

E’ il ceto medio il principale serbatoio di voti del partito nazista. Sono negozianti, artigiani, piccoli proprietari. Lo stesso Hitler, che di mestiere faceva il pittore, apparteneva a questa categoria dei lavoratori autonomi. Sono loro ad essere più colpiti dalla crisi del ’29; e sono svantaggiati sia dalla crescita della grande distribuzione – a parole osteggiata da Hitler – sia dalla mancanza di tutele sindacali. L’elenco non si ferma a queste categorie sociali: altri appartenenti del ceto medio – impiegati privati e statali, tecnici specializzati, lavoratori nei servizi, commesse nei supermarket – sono molto sensibili alla propaganda della Nsdap, che contesta un po’ tutto ai partiti di governo, ottenendo larghi consensi.

La propaganda di estrema destra ebbe largo successo tra i giovani contadini: i padri continuavano a gestire la fattoria, in città non c’era lavoro e molti di loro – delusi e arrabbiati – confluivano nelle fila di bande teppistiche urbane. L’idea dello “spazio vitale” (lebensraum) , di allargamento ad est, ebbe in questa categoria grande consenso.

Religione

E’ tra le fila dei protestanti che il nazismo coglie adesioni elettorali. I cattolici hanno un riferimento partitico – la CDU – e restano fedeli a quello. In Baviera, ad esempio, ecco la sequenze delle tornate elettorali:

MAG ’28 – 15%

SET ’30 – 15.7%

LUG ’32 – 14.8%

SET ’32 – 15.2%

MAR ’33 – 14%

1. Preparazione alla guerra

L’espansionismo è il fulcro dell’azione politica del nazismo. Già nel Mein Kampf (il libro scritto da Hitler durante la detenzione del 1923) si parla di espansione ad est, della guerra al bolscevismo e della ricerca dello “spazio vitale”. Gli anni tra il ’33 e il ’39 sono una rapida corsa agli armamenti e una continua provocazione per rompere l’equilibrio internazionale.

2. Organizzazione dello stato – Führerprinzip

Viene creata una “burocrazia parallela”. Si forma uno strano sistema di ministeri, enti e poteri statali e di partito in competizione tra sé e sganciati dallo stato. In teoria lo stato doveva amministrare e il partito “guidare” il popolo. Questa distinzione è solo fittizia; il partito si impossessa di tutte le parti dello stato e si disintegra in fazioni di potere paralleli. Un quadro caotico della distribuzione del potere, che si tiene in piedi grazie ad una rigidissima logica del fuhrer, cioè del capo supremo. Ogni funzionario aveva un superiore, fino ad Hitler, il capo supremo e incontestabile. La supremazia della legge lascia il campo al principio della fedeltà e della volontà.

3. Rapporto stato-società civile

Non cambia la struttura sociale come nella Russia di Stalin. I cambiamenti avvengono sotto la spinta del forte militarismo. Le donne vanno in massa a lavorare nelle fabbriche (smentendo la propaganda che le voleva a casa); poi gli uomini sono arruolati in numeri altissimi. L’autonomia della società civile è distrutta: niente è libero, né le associazioni, né la stampa, né i sindacati. Anche il regime sovietico distrugge in questo modo la società (per questa invadenza viene appunto definito totalitarismo) ma cambia il concetto di cittadinanza: nella visione nazista la cittadinanza si basa sulla razza e l’espansione degli ariani verso est.

4. La cultura nazista

La propaganda diventa una industria di stato. Viene esaltata la “razza pura”, tutti i tedeschi sono inquadrati in organizzazioni statali e costretti a partecipare a iniziative pubbliche. Lasciare la famiglia per servire lo stato; questa è la logica del totalitarismo! Lo stato nazista funzionava come una macchina di propaganda perfetta: dai compiti scolastici, all’intrattenimento, ogni aspetto della vita quotidiana era scandito dai contenuti politici del nazionalsocialismo.

5. Rapporto economia – nazismo

La retorica comunista tacciò il governo di Hitler come “l’espressione del capitalismo portato alle estreme conseguenze”. E’ una lettura errata della storia sia della Germania che dell’Italia.

In particolare in Germania la volontà politica prevale decisamente sugli interessi economici. In alcuni casi furono fatte scelte antieconomiche. Lo studioso Heinze approfondì i rapporti del colosso chimico I.G. Farben con il governo nazista. Dai risultati emerge chiaramente come la grandissima e ricchissima industria non aveva alcuna influenza sulle scelte politiche. Solo partito e SS decidevano; su tutto.

In breve possiamo riassumere i caratteri essenziali del nazismo:

  • Capo carismatico
  • Cittadinanza su base etnica e razzista
  • Interventismo culturale dello stato (propaganda, associazioni, istruzione)
  • Burocrazia parallela
  • Primato della politica sull’economia