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L'Italia repubblicana

Sintesi Italia repubblicana (1970-1982)

1970

Nella primavera vengono istituite le Regioni, applicando così le indicazioni costituzionali del 1948. Con le prime elezioni si creò quello che Dc e conservatori avevano sempre temuto: una “fascia rossa” nell’Italia centrale (Emilia Romagna, Toscana e Umbria) che adesso aveva anche la legittimità e il potere di governo dato dalla struttura amministrativa regionale.Nel maggio fu istituito lo strumento del Referendum: con 500mila firme oppure cinque consigli regionali o il 25 per cento del Parlamento poteva essere istituita una consultazione popolare per abrogare (ma non proporre) una legge dello Stato.Anche le pensioni furono riordinate con importanti miglioramenti per i lavoratori. Dopo 40 anni di lavoro la pensione sarebbe stata il 74 per cento del salario medio degli ultimi cinque anni.

Lo Statuto dei Lavoratori fu introdotto nel 1970 grazie alla determinazione del socialista Giacomo Brodolini. Tra i vari diritti c’era quello, rivoluzionario, del diritto di appellarsi al giudice in caso di licenziamento illegittimo o ingiusto. Era finito il tempo del potere arbitrario del datore di lavoro sul lavoratore.Sempre nel 1970 viene varata la legge che istituisce il divorzio in Italia. Avversata duramente dalla Dc fu approvata con i voti di tutti i partiti eccetto Msi e ovviamente la Dc. Una grande vittoria per l’Italia laica!

Estate – La battaglia di Reggio Calabria

La promessa di diventare capoluogo regionale decadde con la scelta di Catanzaro scatenando una durissima protesta sostenuta dal sindaco e da altri amministratori locali. La sinistra denunciò la rivolta come una intollerabile manifestazione territoriale e ne prese le distanze. Il Msi invece cavalcò l’onda, fomentando ulteriormente l’azione violenta. Nell’arco di alcuni mesi si contano 19 giorni di sciopero generale, 11 attentati dinamitardi, 32 blocchi stradali, 14 occupazioni della stazione, 2 della posta, una dell’aeroporto e una della stazione televisiva. Reggio Calabria era una delle città più misere d’Italia con migliaia di persone ancora alloggiate in abitazioni indecenti, un infimo livello di occupazione e di attività imprenditoriale. La possibilità di lavoro offerta dal governo regionale diventava cruciale per il futuro della città. Mentre il Movimento Sociale faceva il pieno di voti alle varie tornate elettorali, il governo rispose parzialmente con la costruzione del mega-impianto siderurgico di Gioia Tauro e l’assegnazione della sede non del governo regionale, bensì dell’Assemblea regionale. La valle di Gioia Tauro ricca di agrumeti e oliveti di qualità fu spianata per far posto a questa immensa area industriale in una visione di brevissimo respiro. A metà anni Settanta il mercato dell’acciaio conobbe un crollo clamoroso a livello mondiale, trasformando l’impianto di Gioia nel più classico esempio di “cattedrale nel deserto” edificato nel Mezzogiorno d’Italia.La risposta della sinistra fu riposta in una appariscente manifestazione di solidarietà tra nord e sud. Nell’ottobre 1972 il Pci organizzò i treni per Reggio Calabria, portando quarantamila operai del centro-nord a sfilare nel centro della città calabrese tra lo stupore dei reggini.

Crescita del deficit pubblico

Dal 1970 il deficit dei conti pubblici dello stato iniziò ad aumentare con allarmante rapidità. C’erano due ordini di ragioni.

a.       Debiti delle imprese pubbliche. L’inefficienza, la corruzione, il clientelismo, l’assoluta assenza di responsabilità nei funzionari e dirigenti pubblici, portò numerose imprese – anche imponenti – a gestioni fallimentari. Peraltro nel 1971 fu costituito anche un fondo per il salvataggio delle imprese private ad alto impatto sociale: un provvedimento che salvò migliaia di posti di lavoro ma che costò allo stato un notevole disavanzo.

b.      Aumentarono le spese sociali (soprattutto pensioni, anche queste elargite con incredibile generosità) senza che ci fosse un corrispettivo aumento delle entrate fiscali. Nella seconda metà del decennio le spese per welfare “esplosero”:1970 era il 38% del Pil1973 era il 43% del Pil1982 era il 55% del Pil

Il piano casa

Sulla spinta delle occupazioni e delle proteste per gli affitti eccessivi, fu varata la legge dell’equo canone e un poderoso piano-casa per risolvere il problema degli alloggi popolari. Addirittura furono stanziati più di mille miliardi di lire, per sostenere una revisione anche dei meccanismi che trasferiva a Comuni, Province e Regioni la gestione delle opere di urbanizzazione. La vischiosità della burocrazia e l’azione sabotatrice (a vari livelli) a difesa degli interessi degli speculatori e costruttori edili affossò praticamente il piano. Su 1062 miliardi stanziati ne erano stati spesi – al 1974 – solamente 42.

Il fisco 

Fu un’altra riforma abortita. Le spese crescenti dell’interventismo statale potevano essere tranquillamente coperte da un aumento del gettito fiscale (all’epoca basso) con criteri fortemente progressivi. La riforma fiscale del 1971 introdusse un nuovo sistema di tassazione progressiva per ogni tipologia di lavoro. Ma mentre i lavoratori dipendenti pagavano alla fonte la quota di tasse, i lavoratori autonomi, le imprese, le attività commerciali erano libere di dichiarare il guadagno senza alcuna reale misura di accertamento. Ancora una volta non è il provvedimento legislativo ad essere deficitario, bensì la sua applicazione. Una falla, quella dell’evasione fiscale, che porterà problemi insoluti per i decenni successivi.

Cassa per il Mezzogiorno 

L’ente per finanziare gli investimenti nel Sud d’Italia esisteva già. Ma ai primi Settanta ricevette un’ulteriore incremento di budget passando dai 28.1 miliardi del 1968 ai 33.5 del 1973. Ma erano soldi spesi malissimo. L’inutilità di mastodontiche opere infrastrutturali e improbabili industrie scollegate dal territorio su cui sorgevano svelano la natura contrattualistica dell’intervento. Peraltro certe scelte si rivelarono a breve particolarmente infelici poiché il petrolchimico (Italsider di Taranto) o il siderurgico (Bagnoli, presso Napoli) erano settori in declino nello scacchiere del mercato internazionale. Già negli anni Ottanta iniziò lo smantellamento, con migliaia di disoccupati, di questi immensi distretti industriali.Ancora una volta per il Sud non c’era una visione seria di sviluppo del territorio, ma tutto faceva riferimento a una bieca logica di scambio clientelare, con i suoi mille effetti collaterali devastanti.

La svalutazione della lira

Il rallentamento dell’economia occidentale e le vittorie sindacali del ’69-’73 produssero un effetto drammatico nell’economia italiana. L’inflazione iniziò a salire, poiché i costi degli aumenti salariali furono scaricati in un aumento dei prezzi, ma la congiuntura internazionale rimase critica. Con la fuga di capitali, alimentata dai successi sindacali (una ritorsione abituale della grande finanza nei casi di avanzamenti della sinistra in tutti i paesi) il governo decise per la svalutazione della lira. Fu una scelta sbagliata perché si avviò una spirale inflazionistica capace di condizionare la politica economica italiana per almeno un decennio. Le importazioni vennero a costare di più, aggravando un aumento generalizzato delle materie prime sul mercato internazionale.

La strategia della tensione

12 dicembre 1969 – Piazza Fontana a Milano. Una bomba davanti alla Banca Nazionale dell’Agricoltura uccide sedici persone e fa ottantotto feriti.Polizia e ministro degli interni – a caldo – attribuiscono agli anarchici la responsabilità dell’attentato. Il primo accusato fu Pietro Valpreda un anarchico milanese, che risulterà innocente dopo tre anni di carcere e dodici di processi. Tra i fermati e interrogati in commissariato ci fu anche Giuseppe Pinelli; rimase 48 ore in questura sotto torchio degli inquirenti, finché poco dopo la mezzanotte del 15 dicembre morì cadendo dalla finestra dell’ufficio del commissario Luigi Calabresi (non presente al momento della tragedia), dal quarto piano dell’edificio.

Da questo episodio partono due diverse storie. Quella della serie di attentanti che segneranno nel sangue il tentativo della società civile italiana di democratizzare e modernizzare il paese; e quella della vicenda Calabresi – Sofri, una vera e propria ferita aperta nella storia del paese.

Vediamo prima la drammatica vicenda del Commissario Calabresi. Oggetto di una campagna stampa da parte degli organi dei gruppi rivoluzionari e dell’insinuazione anche di molti intellettuali, il Commissario Luigi Calabresi fu ritenuto responsabile e colpevole della morte di Pinelli. Iniziò una lunga querelle giudiziaria, che si intrecciò con le indagini sulla morte di Pinelli, tale da alzare continuamente la tensione. Un episodio che certo ha contribuito a creare il terreno adatto alla nascita di gruppi di estrema sinistra disposti ad utilizzare la violenza e il terrorismo come strumenti di lotta politica.

Il 17 maggio 1972 fu assassinato sotto casa mentre saliva in auto per andare a lavoro da due sicari che gli spararono alle spalle. Le indagini, i processi, i pentiti (tali o presunti), le polemiche, la contrapposizione ideologica costituirono per molti anni il “caso Calabresi”, per poi tramutarsi oltre un decennio dopo, nel “caso Sofri”. Infatti l’inchiesta e il relativo e quanto mai controverso processo portarono alla condanna – nel 1997! – come mandante dell’omicidio Calabresi il famoso intellettuale ed ex leader di Lotta Continua Adriano Sofri. Insieme a lui Giorgio Pietrostefani e Ovidio Bompressi (ritenuto l’esecutore dell’omicidio) furono condannati a 22 anni di carcere. Il processo si è basato sulla testimonianza, quanto mai vaga, del quarto elemento coinvolto nel processo Leonardo Marino dichiaratosi pentito (tra sconti di pena e prescrizione non passò che pochi mesi in carcere e alcuni anni ai domiciliari). I tre imputati si sono sempre dichiarati estranei alla vicenda. Non c’è dubbio, come ha dichiarato lo stesso Sofri pochi anni fa al Corriere della Sera (http://www.corriere.it/cronache/09_gennaio_08/sofri_libro_77a23c7c-dd8e-11dd-9758-00144f02aabc.shtml), che esista una responsabilità morale nei tragici fatti avvenuti.

Appendice a questa storia è la conclusione delle ulteriori indagini svolte nel 1975 sulla morte di Pinelli per sentenza definitiva del giudice Gerardo D’Ambrosio che stabilì il decesso come “morte accidentale”. Lo stesso D’Ambrosio, in seguito protagonista di Mani Pulite e deputato della coalizione di Centrosinistra negli anni Novanta, terminò la sua chiacchierata con Mario Calabresi con una amara riflessione: “Se il giudice che è riuscito a togliere qualsiasi dubbio sugli anarchici come autori della strage di piazza Fontana, che ha detto che sono stati i fascisti, e a rischiato la pelle per questo insieme ad Alessandrini, se uno così dice che non ci sono prove che Pinelli è stato ucciso e che anzi tutto depone per una precipitazione per malore. Gli atti giudiziari sono quelli e le prove sono inconfutabili. In quel momento scrissero sui muri che ero fascista. Poi quando dissi che non erano stati gli anarchici a mettere le bombe, allora dissero che ero comunista. Questa è l’Italia.”[1] L’altro ramo della storia riprende proprio la pista anarchica della strage di Piazza Fontana. Le prove raccolte dall’inchiesta della Magistratura portavano in tutt’altra direzione. Erano i gruppi neofascisti dell’estrema destra del Veneto. In particolare alcuni esponenti – come Giovanni Ventura – potevano vantare inquietanti rapporti di amicizia con i vertici dei Servizi Segreti italiani. Si affacciò anche in Italia l’ombra lunga della “strategia della tensione” già attuata con successo in Grecia[2]. Ci si doveva aspettare una serie di attentanti e crimini vari per diffondere panico e incertezza allo scopo di preparare il terreno per un colpo di Stato?

La notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970 il principe Junio Valerio Borghese comandante della X Mas (reparto d’eccellenza della Repubblica di Salò) tentò un colpo di stato ancora più improbabile di quello architettato dal generale De Lorenzo. L’episodio è indicativo del clima di esaltazione vissuto dagli ambienti di estrema destra.24 dicembre 1971 – Giovanni Leone viene eletto presidente della Repubblica dopo ben 23 ballottaggi e con l’appoggio determinante del Msi. I movimenti sociali da una parte, queste fibrillazioni sottotraccia nelle istituzioni dall’altra, stavano creando uno scenario tutt’altro che rassicurante.

La lotta armata

20 ottobre – Le Brigate Rosse annunciano la loro costituzione come “organizzazioni operaie autonome pronte a lottare contro i padroni”. L’allontanarsi della prospettiva rivoluzionaria portò i gruppi più accesi ed intransigenti ad optare per lotta armata come strumento per raggiungere l’obiettivo della rivoluzione comunista. Intorno a questa idea si coagulò una frangia del vecchio movimento del ’68 con giovani e giovanissimi che per tutti gli anni Settanta pensarono realmente di cambiare la storia del nostro paese con una guerra civile. Vi era poi un confine sfumato tra movimento di estrema sinistra e gruppi armati. Lotta Continua, Potere Operaio e altre sigle del movimento spalleggiarono ideologicamente l’azione dei gruppi armati; nomi come Renato Curcio, Mara Cagol, Alberto Franceschini divennero noti alle cronache politiche delle città del Nord, in particolare Milano e Torino. Dotati di una rigida struttura gerarchica l’universo della sinistra extra-parlamentare che aveva scelto la via della violenza per il sovvertimento politico sociale ed economico dell’Italia acquistò nel tempo una ampiezza di tutto rilievo; con migliaia di attivisti e centinaia di migliaia di simpatizzanti; sparsi un po’ in tutti gli ambienti della società.

1972

Primo governo di Giulio Andreotti (http://it.wikipedia.org/wiki/Giulio_Andreotti). È il risultato delle elezioni dominate dall’exploit del Msi di Giorgio Almirante che porta la sua formazione di ex-fascisti al 8.7% con un pieno di voti soprattutto al sud. Segnano l’uscita del Psi dal governo e il ritorno ad una politica dichiaratamente di centro-destra. Ma la crisi economica e le grandi manifestazioni operaie del 1973 portarono ad una nuova svolta, con il governo Rumor basato, ancora una volta, sull’appoggio dei socialisti.

Marzo 1972 – Enrico Berlinguer segretario del Pci. Eletto al XIII Congresso del partito, era vice segretario già da alcuni anni. La sua figura dominò il partito per oltre un decennio, facendo leva su qualità molto diverse dal predecessore Togliatti (l’interregno di Longo non ha ricadute di rilievo). Avverso ad ogni accenno di culto della personalità, di origine sarda, è ricordato oggi soprattutto per una riconosciuta trasparente onestà, per i modi educati e cordiali, per un approccio alla politica appassionato e sincero.20 marzo – Prima azione terroristica delle . Si tratta del rapimento simbolico – per soli venti minuti – del dirigente della Sit Siemens Idalgo Macchiarini. Negli stessi giorni un altro gruppo terroristico – il Gap di Giangiacomo Feltrinelli – si rese protagonista di un fosco e tragico episodio. Il ricco editore, amico di Fidel Castro, deciso a contrastare la svolta autoritaria (era ossessionato dall’idea di un colpo di stato fascista in Italia) con la lotta armata, saltò in aria su un ordigno esplosivo che egli stesso stava preparando intorno ad un traliccio dell’alta tensione a Segrate, vicino Milano.

1973

Il 1973 è l’anno di rottura per l’economia occidentale del dopoguerra. Per un paese in via di trasformazione come l’Italia gli effetti furono probabilmente particolarmente nefasti. (crisi + cambiamento = instabilità e incertezza). In autunno i paese dell’Opec aumentarono il prezzo del petrolio del 70 per cento e ne diminuirono l’esportazione del dieci per cento. Questo aumento vertiginoso del prezzo dei combustibili si associò alle turbolenze finanziarie e monetarie dovute all’uscita dal sistema di Bretton Woods e dalla fluttuazione delle varie monete nazionali (con conseguente forte aumento dei tassi di interesse).L’Italia, come altri paesi, imparò a convivere con la stagflazione, cioè la combinazione di prezzi in crescita ma economia stagnante. L’inflazione era dovuta principalmente ai prezzi alti dei carburanti, alla svalutazione della lira (prezzi alti per l’acquisto di materie prime e merci dall’estero), al meccanismo della scala mobile (ovvero alla forza del movimento operaio) che impedì di legare l’aumento salariale all’aumento della produttività. Con il fallimento di imprese piccole, medie e grandi iniziò a riaffacciarsi il problema della disoccupazione e di una povertà di ritorno.

Ottobre 1973 – Enrico Berlinguer in una serie di interviste su Rinascita  lancia l’idea del “Compromesso Storico” tra i tre principali partiti italiani per risolvere definitivamente i problemi strutturali dell’Italia e portare a compimento l’opera iniziata con la stesura della Costituzione. Quanto avvenuto in Cile – quando l’11 settembre di quello stesso anno – spinse il segretario comunista ad abbandonare l’idea di una (improbabile) vittoria elettorale come strada per riformare il paese. Il rischio di interventi esterni e sabotaggi di ogni tipo avrebbe comunque reso inefficace l’azione del Pci. Fu Berlinguer dunque a rimettere la palla in gioco per una terza possibile svolta politica fondata sull’unità delle masse cattoliche e di sinistra. La visione di alto profilo aveva anche l’obiettivo di contenere gli effetti degradanti insiti nello sviluppo capitalistico: “lo spreco e lo sperpero, l’esaltazione dei particolarismi e dell’individualismo più sfrenati, del consumismo più dissennato”.[3] La proposta era molto ambiziosa:

a.       salvare la democrazia in Italia bloccando le tentazioni autoritarie della Dc e di parte dei ceti medio-alti italiani. Isolare i settori reazionari insiti nell’apparato statale.

b.      Introdurre elementi di socialismo nell’economia e rinnovare la società secondo linee etiche basate sulla cooperazione, l’austerità, i valori collettivi.

Le critiche furono durissime. Sia da sinistra, sia dagli ambienti vicini alla Dc (e molto allarme suscitò anche nelle diplomazie dei paesi alleati, in primis gli Stati Uniti).[4] Al di là della militanza politica la prospettiva di austerità di dimostrò del tutto incompresa in un immaginario collettivo che – nelle classi popolari come in quelle medie – aspirava sempre di più ad un sensibile miglioramento delle possibilità di consumo privato. Casomai è la lungimiranza che, ad oggi, colpisce e affascina di quella posizione pubblica datata 1973. 

1974

Due scandali per la Dc – il primo riguarda un’inchiesta su fondi illeciti che alcune compagnie petrolifere avrebbero versato ad esponenti politici della Dc. In seguito a questo scandalo fu approvata la legge sul finanziamento pubblico dei partiti. Il secondo scandalo riguarda l’ennesimo tentativo di organizzare un colpo di stato. La “Rosa dei Venti” era una struttura neofascista sorta per coordinare azioni terroristiche in vista di un golpe militare. Tra gli affiliati vi erano esponenti delle forze armate e dei servizi segreti. Il magistrato di Padova Giovanni Tamburino scoprì l’organizzazione e fece arrestare il generale Vito Miceli, capo del Sid (servizi segreti), bloccando l’attività sovversiva. La Corte di Cassazione fece trasferire il processo a Roma, dove Miceli fu repentinamente scarcerato. Il 1974 è l’anno anche del “golpe bianco” ideato da Edgardo Sogno. Ex partigiano, militare, diplomatico e agente dei servizi segreti, dopo essersi iscritto alla P2 ideò un progetto di Stato autoritario in chiave anticomunista. I generali con cui aveva preso contatto furono però rimossi dall’incarico e il presunto golpe (sempre smentito) non fu nemmeno pianificato.

18 aprile – rapimento di Mario Sossi, giudice di Genova. Fu tenuto prigioniero per 35 giorni e poi rilasciato senza niente in cambio. Le BR ottennero il palcoscenico nazionale che volevano.

12 maggio – referendum sul divorzio. Vince il No (che confermava la legge) con il 59.3%28 maggio – bomba in piazza della Loggia a Brescia durante una manifestazione antifascista. Otto morti. La strategia della tensione riprende corpo con un terribile attentato di matrice neofascista.4 agosto – bomba sul treno Italicus Firenze-Bologna, 12 morti. Idem. 

1975

E’ l’anno della violenza nelle manifestazioni tra estremisti di destra, legati al Msi, e giovani della sinistra extra-parlamentare. Prima a Roma viene ucciso Giorgio Mantekas neofascista di origine greca; quindi a Milano, sempre in scontri tra fazioni, muore il giovane di sinistra Claudio Varalli; il giorno successivo durante una manifestazione di protesta un automezzo della polizia investì e uccise un altro ragazzo dei comitati antifascisti: Giannino Zibecchi.

15 giugno – elezioni regionali e amministrative. Il Pci si presentò come il partito delle “mani pulite” in contrapposizione all’evidente malaffare del governo e delle amministrazioni guidate dalla Dc. Il risultato fu eccezionale: +6% arrivando al 33%. Il Psi mantenne il 12% e la geografia politica delle regioni italiane risultò rivoluzionata: l’alleanza di sinistra confermò le tre regioni del centro e ci aggiunse la Lombardia, il Piemonte, la Liguria. Le principali città italiane, da Milano a Roma a Napoli, passarono alla sinistra. Ma il dato più allarmante, per la Dc e per i “tutor” statunitensi, era la percentuale del 47% toccata da un’ipotetica alleanza della sinistra guidata dal Pci. Sarebbe bastato un 2% in più per ribaltare un assetto di governo immobile dal 1948. Occorreva fare qualcosa.

Fanfani fu obbligato alle dimissioni e il timone del partito passò all’asse Zaccagnini – Moro. La linea perseguita fu quella di una prudentissima apertura a Berlinguer in vista di una fase governativa di “Unità nazionale”. Proprio in questo frangente scoppiarono ulteriori scandali in merito a tangenti ricevute da esponenti di primo piano dall’industria aerospaziale Lockheed per importanti commesse commerciali. Il congresso del partito sancì comunque la leadership di Aldo Moro, anche se era una leadership debole e all’interno del partito era numeroso il gruppo degli scontenti e dei risolutamente avversi a qualunque dialogo con il Pci.

Primavera – entra in vigore il nuovo Diritto di famiglia. Ancorato al codice civile del 1942 e al codice penale del 1930 la legislazione in merito ai rapporti familiari si era trascinata fin dentro gli anni Settanta malgrado fosse già dal 1966, per iniziativa del socialista Pietro Nenni, che il Parlamento se ne stava occupando. Cosa stabilì la nuova legge? 1. Parità tra uomo e donna (fino ad allora il comportamento della donna era sotto la responsabilità del capofamiglia uomo) 2. Ridotta drasticamente la discriminazione legislativa per i figli nati fuori dal matrimonio 3. I genitori sono tenuti a tenere conto delle inclinazioni e dei desideri dei figli. Fu solo in questo frangente che il “delitto d’onore” sparì dalla legislazione italiana! 

Luglio – i partiti comunisti di Italia, Francia e Spagna lanciano “l’eurocomunismo”, la via democratica al socialismo in autonomia rispetto al modello sovietico. Gli Stati Uniti erano in una fase di distensione nelle relazioni con l’Urss e queste novità nel fronte sud della Nato rischiavano di destabilizzare non poco l’assetto globale dei rapporti internazionali. In più riprese i diplomatici Usa ammonirono gli italiani (e in particolare la Dc) perché si evitasse l’entrata dei comunisti nell’area di governo. In risposta il segretario del Pci – in una celebre intervista rilasciata a Giampaolo Pansa sul Corriere della Sera – annunciò il rispetto dell’alleanza Atlantica da parte del Pci, sia perché “l’uscita dell’Italia sconvolgerebbe l’equilibrio internazionale” sia perché, disse Berlinguer, “mi sento più sicuro di qua”. 

1976

La crisi innescata dalla discussione intorno alla legge sull’aborto, votata da Dc e Msi, portò a nuove elezioni con un anno di anticipo sulla scadenza naturale della legislazione. Il clima internazionale era incandescente, con un intero continente che sembrava in procinto di scivolare verso sinistra: i regimi di destra di Spagna e Portogallo avevano ormai i mesi contati (e l’alternativa era rappresentata dai socialisti), in Francia la sinistra unita sembrava sul punto di vincere le elezioni; Grecia e Turchia erano sull’orlo della guerra per l’isola di Cipro … l’ipotesi di un governo con i comunisti in Italia allarmava moltissimo le diplomazie occidentali. I sondaggi registravano il sorpasso del Pci alla Dc. Mentre Berlinguer proponeva il compromesso storico come soluzione governativa, la Dc rispolverò l’anticomunismo feroce. E poi esplose la violenza. A maggio durante un comizio del Msi il giovane comunista Luigi De Rosa fu assassinato con armi da fuoco dai neofascisti; pochi giorni prima delle elezioni le Brigate Rosse uccisero in un’imboscata il magistrato Francesco Coco e i due uomini della scorta. Episodi che furono strumentalizzati dalla Dc in chiave anticomunista. Il settimanale americano “Time” mise Berlinguer in copertina con il sottotitolo “Italia, minaccia rossa”. 

Crisi economica I problemi degli anni Settanta non sono solo di natura eminentemente politica. Il quadro economico era altrettanto preoccupante: di fronte alle difficoltà innescate dalla crisi economica internazionale la lira si svalutò e l’inflazione toccò il record del 19.5%. Il governo varò una serie di misure di austerità: aumento delle tasse, limitazione del meccanismo della scala mobile, abolizione di alcune festività. 20 giugno – I risultati elettorali confermarono l’ascesa del Pci. Toccò quota 34.4 per cento mentre la Dc, grazie a tutti gli appelli immaginabili (tra cui quello celebre del giornalista Indro Montanelli a “turarsi il naso ma votare Dc”), tenne intorno al 38.7 per cento. Tutti gli altri partiti persero consensi; il Psi per esempio scivolò sotto al 10 per cento. La rappresentanza parlamentare dei movimenti di estrema sinistra non raggiunse nemmeno l’1.5%, mentre i radicali, candidatesi per la prima volta, toccarono a malapena l’1 per cento.

Giugno – Congresso del Psi. La sconfitta elettorale porta a una cambiamento al vertice: il vecchio e tradizionale segretario De Martino lascia il posto al giovane e ambizioso Bettino Craxi. La sua nuova linea politica è basata sulla rottura dell’alleanza politica con l’ingombrante Pci per giocarsi su un piano inedito la possibile riedizione del Centro-sinistra.

11 agosto – Governo Andreotti, con l’astensione dei partiti di opposizione. È una fase di avvicinamento importante al cosiddetto governo di “solidarietà nazionale”, la strategia perseguita da Berlinguer e avallata da Aldo Moro. Pur essendo fuori da ogni incarico Pci e Psi contribuirono con proposte importanti alla stesura del programma politico del governo. Il problema principale dei governi di solidarietà nazionale stava nella figura del Presidente del Consiglio. Giulio Andreotti infatti era l’esatto contrario del volto nuovo della politica italiana necessario in questa fase storica. Allievo di De Gasperi può essere ritenuto un conservatore scaltro e cinico, capace di ricoprire tutte le cariche ministeriali, di compiacere al Vaticano, e di costruire per il suo consenso personale una vasta rete clientelare nel Lazio e in Sicilia. Fattore di inquietudine è la sua presenza al vertice del Ministero della Difesa in coincidenza con la presenza nei servizi segreti di infiltrati dell’estrema destra neofascista. In ogni caso l’obiettivo di Aldo Moro era quello di ripetere l’operazione riuscita con il Psi: far entrare nell’aerea di governo il principale partito di opposizione e smussarne le ambizioni in cambio di una pratica di gestione e spartizione del potere. D’altra parte l’alleanza con il Pci era indispensabile per intervenire con efficacia in campo economico (abbassare l’inflazione grazie a contenuti aumenti salariali) e nella lotta al terrorismo. Dal punto di vista di Berlinguer l’alleanza con la Dc avrebbe dovuto correggere strutturalmente in senso socialista alcuni elementi della società italiana: un passaggio per trasformazioni ben più profonde. La cronaca registra, nel luglio ’76, uno dei più gravi incidenti industriali avvenuti in Italia: esplode a Seveso un’azienda chimica con una grave fuoriuscita di una nube tossica di diossina.

1977

“L’Italia in quegli anni ha rischiato grosso… la battaglia ci ha assorbito completamente. Così non abbiamo visto con chiarezza necessaria il resto.”

Luciano Lama (in P. Ginsborg, Storia d’Italia…, p.511). 

Come sintetizzato bene dal Segretario della Cgil Luciano Lama il biennio ’77 – ’78 ha visto la battaglia tra lo Stato e i gruppi terroristici assorbire tutte le energie della sinistra istituzionale, al punto da lasciare in secondo piano questioni che erano in realtà fondamentali. La lotta armata si estese in maniera impressionante. Praticamente destrutturati tutti gruppi principali già nel 1976, l’unità antiterroristica coordinata da Gian Carlo Caselli viene smantellata permettendo così a gruppi come Prima Linea e Brigate Rosse di riorganizzarsi e riprendere – più numerosi e agguerriti di prima – l’azione contro lo Stato. La strategia del compromesso storico, duramente avversata dalla sinistra extraparlamentare che la considerò un tradimento degli ideali comunisti, contribuì a questa tragica evoluzione del conflitto sociale e politico in Italia.[1]

Febbraio – occupazione dell’università di Roma. Durante un comizio tenuto da Luciano Lama la contestazione degli studenti ne impedì lo svolgimento fino allo scontro con il servizio d’ordine allestito dalla Cgil e dal Pci. La protesta che poi si allargò con occupazioni, manifestazioni e scontri in tutta Italia, fu egemonizzata da Autonomia Operaia che ne mise ai margini le tendenze creative, il femminismo e altri temi sociali, facendo di tutto una questione politica del potere. Giovani borghesi rivoluzionari, guidati da mâitre à penser come Toni Negri, seppur non scivolati nella lotta armata, abbracciarono una cultura dell’intolleranza verso qualsiasi dissenso, riproposero pratiche di maschilismo e di reverenza gerarchica che erano alla base delle manifestazioni del decennio. Trasformarono le manifestazioni pubbliche – anche i concerti – in occasioni di violenza: la P38 fu esibita in talune occasioni come oggetto prediletto dagli autonomi; qualunque evento era interpretato alla luce dell’appartenenza politica, arrivando a grottesche “squalifiche politiche” applicate per esempio al cantante Lucio Battisti colpevole di non rendere esplicita la sua posizione politica di fronte a testi “ambigui” (cosa è il fantomatico “mare nero” della canzone del sole?).

Marzo – Durante una manifestazione a Bologna la polizia sparò e uccise il militante di Lotta continua Francesco Lorusso. Seguirono scontri in molte città italiane, a Bologna le vie principali furono presidiate da blindati. Un duro colpo per la città amministrata da decenni dal Pci e fiore all’occhiello della buona amministrazione. Alla luce dei fatti la sinistra estrema sembrava fare il gioco dei conservatori e dei reazionari, messi in crisi dall’ascesa elettorale della sinistra istituzionale. 

1978

E’ l’anno dell’escalation della lotta armata. Nel 1976 le BR uccisero otto persone e ne ferirono seriamente 16. Nel 1977 sette furono i morti ammazzati e quaranta i feriti. Tra questi anche Indro Montanelli, direttore del “Giornale nuovo” gambizzato nel giugno, mentre peggio andò al vicedirettore de “La stampa” Carlo Casalegno. Dopo dirigenti, magistrati e poliziotti adesso anche i giornalisti entrarono nel mirino dei terroristi. Il 1978 è l’anno nero. Conta in totale 2725 episodi di attentati o violenze, 38 assassinati e 407 feriti.

Mentre l’inflazione superava il 20 per cento e l’economia non pareva dare segnali di ripresa, il governo Andreotti cadde e si preparò il secondo e più articolato governo di solidarietà nazionale. Stavolta Pci e Psi avrebbero votato la fiducia, sebbene senza ricoprire alcun incarico ministeriale. Designato per guidare il nuovo esecutivo ancora una volta Giulio Andreotti, una autentica garanzia per gli apparati più retrivi dell’establishment nazionale e internazionale.

Il caso Moro

Nella strategia delle Br c’era l’idea di saldarsi con il movimento del ’77 e far diventare la rivolta arma contro lo Stato un fenomeno di massa. Vennero annunciate azioni indiscriminate contro i “servi dello Stato” per diffondere il panico nelle classi dirigenti e rendere fragili le istituzioni stesse. Pci e Dc erano i principali nemici delle Br.

La mattina del 16 marzo 1978, giorno di insediamento del nuovo governo Andreotti con il sostegno esterno del Pci, alle ore 9,15 la macchina del Presidente della Dc Aldo Moro cadde in un’imboscata mentre era diretto in Parlamento per il voto di fiducia. Nella tristemente nota via Fani morirono i cinque uomini della scorta, mentre Moro fu trasportato senza alcuna ferita in una località segreta. L’episodio, avvenuto nel centro di Roma all’uomo più a rischio in ottica terrorismo, lascia nello sgomento l’intera nazione. Il direttore di radio Città Futura, vicina ai movimenti sociali di estrema sinistra, racconta di un episodio in qualche modo prevedibile:

“Utilizzando solamente strumenti di logica e di analisi, pensavamo che le Br avrebbero identificato l’obiettivo in qualcuno che poteva rappresentare la tendenza al compromesso storico, cercando di rovesciare con l’attentato quelli che erano gli equilibri di maggioranza in quel periodo, e la data doveva essere quella della votazione alla Camera di questa maggioranza.”

Giuseppe Fiori, Vita di Enrico Berlinguer, Laterza, 2004, p.330.

I 54 giorni di prigionia furono uno spartiacque per la vita del paese. Mario Moretti e la sua cellula brigatista tennero contatti continui con le autorità istituzionali, il dibattito pubblico fu lacerato dal dubbio se trattare o meno con i brigatisti. La linea della fermezza era perseguita dal Pci e dalla Dc, anche se molti amici di Moro erano umanamente portati a trattare. Il Psi di Craxi era invece più possibilista. Lo stallo fu rotto il 9 maggio, quando il corpo senza vita di Aldo Moro fu trovato nel bagagliaio di una macchina in via Caetani (una strada centrale di Roma a metà strada tra la sede del Pci e quella della Dc).

9 maggio – Nello stesso giorno la mafia uccise Peppino Impastato, un giovane giornalista radiofonico molto attivo sul fronte della lotta alla mafia, candidatosi per Democrazia Proletaria. L’attivista era particolarmente inviso a Cosa Nostra principalmente in virtù della sua famiglia di origine che era affiliata a uno dei clan che imperversavano a Cinisi, un paese alla periferia di Palermo. La sua morte passò praticamente inosservata a causa della coincidenza con il ritrovamento del corpo di Moro.

Con l’escalation data dal rapimento di Moro la lotta al terrorismo sembrava davvero sul punto di bloccare le procedure dello Stato democratico. Il governo di solidarietà nazionale andò avanti, ma le riforme sostenute dal Pci si videro con il contagocce. Questa almeno era la percezione dell’epoca. Ad oggi possiamo mettere in elenco un pacchetto consistente – per quanto frammentario – di riforme in senso progressista che appare tutt’altro che residuale come intervento:

 –          Nasce il Sistema Sanitario Nazionale;

–          Legge n.180 (conosciuta come “legge Basaglia” dal nome dello psichiatra che ne ispirò la stesura) sulla cura alternativa per i malati di mente (chiusura dei manicomi e della logica di detenzione);

–          Legge Gozzini, riordino del sistema carcerario;

–          Legge 194 conosciuta come legge sull’aborto. L’interruzione di gravidanza non è più considerata reato ma è legale;

–          Legge dell’equo canone per abbassare i costi degli affitti;

–          Piano per l’edilizia residenziale;

–          Maggiori poteri alle regioni, finalmente dotate di autonomia finanziaria; 

Nel pacchetto anche alcune novità riguardanti la spartizione del potere politico. In teoria non negative, poiché ad esempio l’elezione di Pietro Ingrao alla presidenza della Camera poteva essere un segnale importante di integrazione di tutti i partiti nell’alveo del governo. In realtà la pratica della suddivisione di alcuni incarichi declinò rapidamente in una pratica di spartizione finalizzata al potere in sé. Il sistema  si raffinò rapidamente per arrivare al meccanismo della “lottizzazione”, che distribuiva automaticamente in percentuali assegnate ai diversi partiti. Anche l’istituzione di un nuovo canale Rai (Raitre che inizierà le trasmissioni nel dicembre 1979) si configurò in breve uno strumento in più di lottizzazione piuttosto che un canale di sviluppo delle realtà locali, come nelle intenzioni doveva essere. In ogni caso il sistema universalistico della Sanità italiana segnò un punto di grande progresso, andando a superare la pletora di mutue costruite sulla forza delle diverse categorie di lavoratori, con la istituzione delle U.S.L. competenti su tutto il territorio nazionale con un servizio per tutti i cittadini indistintamente e gratuitamente. Il budget a disposizione non fu utilizzato al meglio, e ben presto sprechi e inefficienza andarono a caratterizzare molte realtà legate al S.S.N. Inoltre la nomina pubblica degli incarichi di dirigenza spinse i partiti a utilizzare centri ospedalieri e Usl come ulteriori luoghi di lottizzazione. Il 1978 è un anno fondamentale anche per l’evoluzione della crisi economica di inflazione e bassa crescita.  Se da una parte lo Stato assume 63 mila giovani da impiegare nell’amministrazione pubblica, dall’altra i sindacati federati Cgil Cisl Uil firmano un accordo (“svolta dell’Eur”) che segna la svolta delle relazioni sindacato-stato avvicinandosi al modello di cooperazione in vigore in Germania e nel nord Europa: basse rivendicazioni in cambio di maggiori investimenti. Il 30 settembre inizia le trasmissioni una delle molte Tv private locali nate in questo anno. È TeleMilano dell’imprenditore Silvio Berlusconi, all’epoca sconosciuto al di fuori dell’ambiente milanese.

1979

Il 31 gennaio Andreotti diede le dimissioni mettendo fine all’esperienza del Compromesso Storico. Il Pci annunciò la fine della collaborazione e il presidente della Repubblica, il socialista Sandro Pertini [2], sciolse le Camere e indisse nuove elezioni. Il 3 giugno si votò con risultati che segnarono un nuovo corso: il Pci infatti perse il 4 per cento dei voti attestandosi sul 30 per cento; la Dc perse pochissimo (38%) a favore del Psi in leggera ascesa. Il piccolo partito radicale, molto attivo nelle campagne referendarie per il divorzio e l’aborto, arrivò al 3,5 per cento. Il Msi scese al 5.3% mentre i partiti di centro mantennero le loro posizioni. I comunisti abbandonarono la linea del compromesso storico lasciando gli oneri di governo tutti alla Dc. Rimase però la prassi di dividere le presidenze delle Camere: dopo Ingrao il Pci indicò Nilde Jotti quale presidente della Camera dei deputati. L’incarico più importante mai ricoperto in Italia da una donna.

La nuova proposta della segreteria di Berlinguer era di una “alternativa democratica” incentrata sull’asse Pci – Psi sull’esempio delle molte (e spesso positive) esperienze di governo locale. Il Psi di Craxi però era deciso a perseguire un’alleanza tattica con la Dc. Il nuovo governo inaugurò la lunga stagione dell’alleanza Craxi-Andreotti che segnerà gli anni Ottanta, il crepuscolo degli anni di piombo e soprattutto definirà quella specie di rivoluzione antropologica della società italiana avvenuta negli anni ’80 e soltanto rivista e corretta nei decenni successivi. Il 13 marzo entrò in vigore il Sistema Monetario Europeo (Sme), l’accordo generale di fluttuazione tra le monete della Comunità Economica Europea. Il problema economico dell’Italia era l’inflazione: tutta l’attenzione del governo e della Banca d’Italia – guidata da Carlo Azeglio Ciampi – fu rivolta alla messa a punto di efficaci politiche deflazionistiche. L’11 luglio intanto un fatto di cronaca aprì uno squarcio su trame oscure di finanza e investimenti: viene ucciso a Milano Giorgio Ambrosoli liquidatore di una piccola banca (Banca privata italiana) del faccendiere Michele Sindona. Lo stesso Sindona, residente a New York, scomparirà misteriosamente solamente un mese dopo. Il 9 dicembre l’Oms annuncia la scomparsa del vaiolo. Arrivano i Buoni ordinari del tesoro (BOT) – Gli italiani, magari proprio quelli che hanno accumulato capitali ingenti (anche) grazie all’evasione, iniziano ad acquistare i Buoni Ordinari del Tesoro in grandi quantità.

1980

Il crepuscolo degli anni di piombo. A fronte di un numero sempre altissimo di attentati e azioni violente, le Br e gli altri gruppi terroristici, si avviano ad una rapida sconfitta. In seguito all’assassinio di Moro, la strategia di trasformare la lotta armata in un fenomeno di massa segnò definitivamente il passo. Nel 1979 e nel 1980 le vittime furono stimate e riconosciute personalità di sinistra: come Guido Rossa operaio comunista ucciso a Genova perché aveva denunciato un collega brigatista; il professore universitario Vittorio Bachelet ucciso a febbraio sull’atrio dell’Università La Sapienza di Roma; il giornalista de “Corriere della Sera” Walter Tobagi. I gruppi erano sempre più isolati e (forse per questo) sempre più spietati. Con l’azione congiunta dei carabinieri coordinati dal Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e dei magistrati esplose il fenomeno dei “pentiti”. In cambio di vantaggiose condizioni di detenzione i brigatisti in carcere potevano decidere di collaborare e svelare nomi, strutture, apparati dei gruppi terroristici. Al di là di qualche considerazione etica, sulla lievità delle pene per alcuni pentiti, la legge sui pentiti fu lo strumento decisivo per il successo dello Stato sui gruppi terroristici.

Altre storie

Alle 10,25 del 2 agosto una bomba esplode nella sala d’attesa della stazione di Bologna facendo 85 morti e oltre 200 feriti. È il più grave attentato della storia repubblicana, parte di quella lunga scia di stragi inaugurate con piazza Fontana nel 1969, tutte riconducibili agli ambienti neofascisti all’interno di una inquietante “strategia della tensione” volta a instaurare un regime autoritario anche in Italia. Si parla per questo di “servizi segreti deviati”, cioè il sostegno e il supporto a questo progetto di “pezzi” dello Stato – in particolare dei servizi segreti – in grado di orientare e proteggere gli autori delle stragi. La strage di Bologna, che contiene aspetti per certi versi differenti dalle altre stragi (fase già lontana dalla strategia della tensione, intreccio con criminalità e terrorismi internazionali), vide come condannati i neofascisti Mambro e Fioravanti.

Strage di Ustica

Il 27 giugno l’aereo Dc9 dell’Itavia diretto da Bologna a Palermo esplode in volo e precipita in mare nei pressi di Ustica provocando 81 morti. A distanza di decenni ancora è lontana la verità ufficiale sulla tragedia. La volontà di ricostruire la vicenda si è infranta contro un “Muro di gomma” impenetrabile: l’ipotesi più probabile rimane quella che il Dc-9 sia stato abbattuto per errore da un aereo militare (francese o della Nato), forse in esercitazione o forse per colpire l’aereo del dittatore libico Gheddafi che pare fosse di passaggio proprio in quel quadrante di cielo. 

14 ottobre – Marcia dei 40mila alla Mirafiori di Torino. Non è l’ennesima manifestazione operaia, tardo eco dell’ormai mitico “autunno caldo”, ma l’esatto contrario. Giunti al trentaquattresimo giorno di sciopero (contro la cassa integrazione a zero ore per 29mila lavoratori) con chiusura degli stabilimenti per una vertenza sindacale, una insolita marcia di caporeparto, impiegati e operai della Fiat attraversò il centro di Torino per chiedere al sindaco (del Pci) di far riaprire i cancelli. Il movimento operaio si spaccò e il giorno dopo i sindacati firmarono un accordo favorevole alla dirigenza Fiat. L’azienda automobilistica di Torino inizia una lunga e dolorosa ristrutturazione fatta di cassa integrazione e licenziamenti per centinaia di migliaia di lavoratori.

30 settembre – Iniziano le trasmissioni televisive di Canale 5, Tv dell’imprenditore Silvio Berlusconi. Nel 1982 acquisterà Italia 1 e nel 1984 Rete 4. La holding Fininvest che controlla le reti Tv nel frattempo si dota di ripetitori sull’intero territorio nazionale preparando la grande sfida al monopolista nazionale pubblico della RaiTv. La televisione di Berlusconi è però una televisione diversa: indifferente all’informazione e alla cultura, esalta i valori del consumo, del divertimento, dell’apparenza. Il primo telegiornale dei canali Fininvest è datato 15 gennaio 1991.

Novembre – Un terribile terremoto del settimo grado della scala Richter sconvolge l’Irpinia: seimila morti e trecentomila senzatetto; un’intera regione da ricostruire.

1981

Il Fondo Monetario Internazionale mette sotto accusa l’Italia per l’eccessiva spesa pubblica e addossa alla scala mobile la colpa della crisi inflazionistica. In estate la borsa di Milano chiude per una settimana per eccesso di ribasso (-20%). La lira svaluta rispetto al marco tedesco.

La loggia P2

Nel maggio scoppia lo scandalo P2. Il mandato di cattura per il capo della loggia, il faccendiere Licio Gelli latitante in Sudamerica, fa emergere un confuso disegno di associazione sovversiva anticomunista a cui si erano affiliato nomi di spicco dell’esercito, del mondo degli affari e della politica. Se il progetto preciso è rimasto oscuro, le linee guida della Loggia P2  – così come l’elenco dei suoi associati – sono state rivelate dall’inchiesta parlamentare guidata dalla deputata democristiana Tina Anselmi. Licio Gelli sarà arrestato il 13 settembre 1982 a Ginevra.

Attentato al Papa

Il 13 maggio il turco Alì Agca spara da distanza ravvicinata al Papa Giovanni Paolo II proprio in piazza San Pietro. Il Papa si salva, Agca è preso e condannato all’ergastolo. 

13 giugno – La drammatica vicenda di Alfredino Rampi si conclude tragicamente. Il bambino di sei anni caduto accidentalmente in un pozzo artesiano a Vermicino si ferma ad una profondità di 18 metri grazie ad un strozzatura. Il pozzo però è profondo 60 metri e gli scavi necessari per la costruzione di un tunnel parallelo per raggiungerlo potrebbero farlo scivolare in fondo. L’Italia resta incollata alla televisione per tre giorni, mentre sul luogo della tragedia giungono comuni cittadini e le massime autorità. L’anziano presidente Sandro Pertini segue sul posto la vicenda per ore incoraggiando direttamente il bambino con un microfono. Nella notte del terzo giorno però le scosse fanno precipitare in fondo al pozzo il piccolo, che muore stremato in mezzo al fango (gli ultimi eroici tentativi sono fatti da speleologici calati a testa in giù nella speranza di afferrare il piccolo per i polsi). La diretta tv trasforma un tragedia privata in una tragedia collettiva e nazionale. 

Giugno – Dagli Stati Uniti si diffonde la notizia di una nuova terribile malattia infettiva dai tratti sfuggenti: è l’Aids. Non si trasmette per contatto diretto ma solamente tramite contatto sanguineo o di liquidi genitali; in pratica diventa pericoloso il rapporto sessuale occasionale. In particolare tossicodipendenti e omosessuali – già emarginati – conoscono una dura e diffusa discriminazione sociale.

5 agosto – La legge 442 abolisce la causa d’onore come attenuante nel caso di omicidio.

Settembre – per la prima volta alle scuole superiori le femmine sono sostanzialmente lo stesso numero dei maschi. Dal 1982 il dato sarà in crescita costante. 12 agosto – l’Ibm presenta il primo Personal Computer.

1982

La lotta alla mafia

Il 3 settembre viene ucciso a Palermo il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Pochi mesi prima la stessa fine era toccata all’esponente comunista Pio la Torre, anch’esso impegnato duramente nella lotta alla mafia. L’organizzazione criminale siciliana, insieme alla Camorra dell’area napoletana, e alla N’drangheta calabrese, conobbero con l’industrializzazione del paese un vero e proprio ciclo espansivo. Abbandonato il controllo dei latifondi, le mafie si integrarono con la crescita disordinata dei territori e con il mancato sviluppo del Meridione: tessero reti solide con il potere politico a tutti i livelli; approfittarono dei vuoti legislativi per guidare le speculazioni edilizie (celebre il “sacco di Palermo”); utilizzarono l’inefficienza istituzionale e gli alti livelli di disoccupazione per affiliare parti importanti di popolazione. Si specializzarono infine nel traffico di droga e di armi accumulando ingenti capitali.

11 luglio 1982 – L’Italia di Enzo Bearzot vince i mondiali di calcio, superando in finale la Germania per 3 a 1. Dopo un inizio stentato la nazionale azzurra batte le migliori squadri presenti al torneo, Argentina, Brasile e Polonia con una serie straordinaria di partite, meritando il successo finale e suscitando in patria manifestazioni spontanee di entusiasmo assolutamente inedite. Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini è presente in tribuna nella finale suscitando l’entusiasmo di tutta Italia per l’esultanza spontanea ad ogni gol. Rimasta nell’immaginario collettivo la partita a scopa con Zoff, Causio e Scirea sull’aereo per il ritorno.

18 giugno – Il fallimento del Banco Ambrosiano continua a mietere vittime. Dopo Ambrosoli e Sindona, tocca al banchiere Roberto Calvi pagare il prezzo di un losco giro di finanziamenti illeciti: viene ritrovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra. Agosto: per la prima volta nel dopoguerra, soldati italiani varcano il confine: sono impegnati in una “missione di pace” istituita dall’Onu per garantire il cessate il fuoco nel Libano.

[1] In altri paesi d’Europa, e in particolare in Germania, i gruppi armati rivoluzionari attivi ai primissimi Settanta, erano tutti in rapido declino.

[2] Sandro Pertini fu eletto l’8 luglio 1978 con i voti di Dc, Pci e Psi. Partigiano, socialista e antifascista, la figura di Sandro Pertini riscatterà completamente il ruolo del capo di stato, malamente interpretata da Giovanni Leone che oltre ad essersi dimostrato mediocre statista si è trovato nella condizione di doversi dimettere a causa di molteplici scandali fiscali. Con Pertini il “Presidente della Repubblica” abbandona l’aurea di grigio e austero riferimento di equilibrio istituzionale per abbracciare il ruolo del “padre della patria”, popolare e vicino alla gente (con dati di consenso straordinari in confronto a qualunque altro personaggio politico). Un atteggiamento che troverà degni successori in Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano e che influirà pesantemente sul modo di concepire l’istituzione stessa della Presidenza della Repubblica. 

[1] Mario Calabresi, Spingendo la notte più in là, 2007, P.55.[2] Il 20-21 aprile del 1967 una parte dell’esercito greco, sostenuto dalla Cia e con l’assenso del re, realizzò un golpe militare e instaurò una dittatura.[3] E. Berlinguer, Austerità, occasione per trasformare l’Italia, 1977.[4] Si veda a tal proposito il libro di Gentiloni Silveri, l’Italia sospesa, 2009.