È capitato a tutti di trovarsi di fronte alla richiesta di obiettività riguardo al modo di parlare della storia. E non si può nascondere la tentazione di attribuire alla richiesta un fondo di legittimità e di buon senso. La questione però è piuttosto controversa.
Perché è una manovra strumentale
In genere chi sbandiera la faziosità altrui – contrapponendo implicitamente la propria autoqualificata obiettività – persegue esattamente lo scopo opposto a quello dichiarato: vuol affermare un proprio particolare punto di vista senza però dichiararlo come tale. Spesso si tratta di una prospettiva dichiaratamente “moderata”, come se la moderazione coincidesse con la verità; e spesso è una lettura storica molto semplicistica: la “storia” è materia complessa!
I tre livelli della storia
In estrema sintesi possiamo individuare tre livelli di conoscenza nello studio della storia
1) La verità storica
È probabilmente quello a cui ammiccano i sostenitori dell’obiettività storica, ma certamente non la storia che poi propongono. Si intuisce bene a cosa ci riferiamo, ma è anche molto facile fare confusione. In ogni caso, su questo punto non ci possono essere invenzioni: sono le date, i numeri, le cifre, i resoconti. Non c’è interpretazione e per questo la verità storica in sé non serve a molto. In generale la storia antica vive molto su opinioni contrasti nella ricostruzione della “verità storica”, mentre la storia contemporanea fa del fatto storico il punto di partenza per analisi speculative.
Quali sono questi fatti? Tutte le date. Tutti i numeri. Alcuni dati non certificati, come ad esempio il numero dei morti nei lager, sono però certi a grandi linee e non possono essere oggetto di revisionismo. Non sono interpretazioni, chi nega l’olocausto mente e basta.
Altre situazioni sono più intricate e per questo deve essere netta la distinzione tra il fatto e l’interpretazione. Prendiamo per esempio il confronto tra lager e gulag. La verità storica ci dà la dimensione del fenomeno non l’interpretazione. Mettere sullo stesso piano due episodi distanti per dimensioni, motivazioni, contesti storici e politici è interpretazione non verità.
Nel caso dei gulag e dei lager non soltanto il numero dei morti è verità storica, ma anche le finalità: nei campi di concentramento sovietici ci finivano oppositori politici (o ritenuti tali) obbligati a lavori forzati in condizioni disumane; i lager erano predisposti per l’annientamento della razza ebraica (e non solo): quindi non era un istituto punitivo ma preventivo a sfondo razziale e finalizzato allo sterminio.
Detto questo si può valutare la questione in molti modi, ma appunto siamo nel campo dell’interpretazione non in quello della verità storica, della cosiddetta “oggettività”.
C’è da aggiungere che la fredda storia dei numeri non serve a molto perché è priva di senso: le cifre in sé possono anche significare poco, e qui entra in scena lo storico, o lo studioso della materia, che deve individuare i nodi interpretativi utili per “decodificare” l’informazione storica.
2) Percezione di chi ha vissuto i fatti
Il secondo livello di conoscenza storica riguarda la percezione della realtà adeguata a chi ha vissuto il periodo oggetto di studio. In altre parole per capire un avvenimento e dare la giusta importanza ai diversi episodi, personaggi, situazioni, occorre avere chiaro che il nostro modo di pensare difficilmente coincide con quello di altre epoche ed altri contesti.
Un esempio classico e anche attuale è quello della conferenza di Monaco del 1938. Gran Bretagna e Francia avvallano la drammatica invasione tedesca dei Sudeti, territorio appartenente alla Cecoslovacchia. Oggi è un episodio citato (a sproposito) per sottolineare il rischio della comunità internazionale di passare sopra ai soprusi di uno stato su un altro. Chiunque fosse vissuto dopo la I guerra mondiale avrebbe fatto il possibile e l’impossibile per evitare un’altra guerra come quella. L’idea della guerra preventiva è un’invenzione moderna, probabilmente dovuta anche alla sproporzione di forze per cui chi attacca sa di perdere pochi uomini, ed era assolutamente fuori da ogni logica per uno statista del 1938. La Germania era la potenza militare considerata più forte ed era logico aspettarsi centinaia di migliaia di morti nel dichiarargli guerra: chi si sarebbe preso la responsabilità di fronte ai cittadini?
Dal punto di vista dello storico non interessa il nostro giudizio di oggi su quel fatto, bensì interessa capire perché le cose andarono in quel preciso modo e non in un altro.
3) La “teoria della relatività”
Ovvero non dimenticare mai che noi siamo sempre inevitabilmente osservatori parziali. La logica del punto di vista deve essere sempre al primo posto nella ricerca storica. Non è fondamentale ripulire il nostro modo di pensare, ma è indispensabile essere consapevoli di questo punto debole, e quindi essere mentalmente aperti verso altre letture.
Esempi.
– 1492: scoperta dell’America (per noi). Genocidio e sfruttamento per le civiltà indigene. La storia dei secoli XVI-XX nel continente latinoamericano è la storia dal punto di vista dei colonizzatori.
– Quando Carlo Magno, re dei franchi, si fece incoronare dal Papa nell’800 a San Pietro, come imperatore del Sacro Romano Impero, nella capitale dell’impero romano d’Oriente (all’epoca considerato “l’impero romano”) scrissero con rammarico: “Roma è finita in mano ai barbari”.
– Tra ‘800 e ‘900 gli europei colonizzarono il mondo. Quanto saranno diverse le “obiettive storie” che potranno raccontare gli storici europei e gli storici dei paesi colonizzati?
del dopoguerra e da una cultura europea legata al valore dell’antifascismo.
In conclusione potremmo dire che l’obiettività a Storia esiste, ma è utile come punto di partenza. Infatti la verità storica senza interpretazione non avrebbe significato, non ci servirebbe cioè né come memoria condivisa né come materia didattica. Per di più qualunque interpretazione è soggetta immancabilmente alle complessità e alla parzialità del nostro punto di vista.
Riassumendo per fare analisi e interpretazioni su materiale storico occorre prendere coscienza e conoscenza di alcuni essenziali elementi:
• il fatto storico
• mentalità di chi ha vissuto i fatti
• contesto socio-politico-culturale
• punto di vista di europeo occidentale del XXI secolo
(dubitare di chi sbandiera la propria obiettività)