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Nazione e nazionalismi

Trattati di Versailles

Il principio dell’autodeterminazione dei popoli e i Trattati di Versailles

La regia che ha organizzato e gestito la conferenza di Pace [1] che doveva ridisegnare la mappa politica dell’Europa al termine del più sanguinoso conflitto dell’umanità, aveva tenuto conto di tutte le questioni del secolo trascorso, realizzando un programma di tempi e luoghi ad altissimo valore simbolico. Il posto – Versailles – luogo della firma della pace imposta da Bismark nel 1871 e atto fondante della grande Germania, e la data di chiusura – il 28 giugno 1919– quinto anniversario dell’uccisione dell’Arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo, sembravano porre fine ad una stagione di instabilità scivolata inesorabilmente in un massacro senza precedenti.

La puntigliosità della forma rende manifesto lo spirito con cui fu inaugurata, al di là dei grandi proclami, la Conferenza: un ancoraggio molto forte alla logica ottocentesca della politica degli equilibri tra le maggiori potenze del continente e il mantenimento di una visione eurocentrica riguardo alle aree coloniali.

Un punto debole dei Trattati è già evidente in questa inadeguatezza con i tempi. Analisti politici e storici non mancano di ricordare come “il vincitore della Conferenza risultò Clemenceau” [2] , poiché riuscì ad imporre il ridimensionamento della Germania come elemento di sicurezza per l’intero continente. Anche la Gran Bretagna riuscì ad affermare benissimo gli interessi nazionali, estendendo il controllo nell’area medio-orientale ricchissima di petrolio.

Ma una parte importante dei problemi generati dal primo dopoguerra è riconducibile anche alla grande novità propagandistica del 1919: il principio dell’autodeterminazione dei popoli.

Possiamo individuare tre quesiti per comprendere meglio la portata storica dei Trattati di versailles:

  • Cosa c’era sul tavolo dei vincitori?
  • Quali soluzioni furono prese e imposte alle potenze sconfitte
  • Quali le conseguenze di queste scelte

[1] Conosciute comunemente come Trattati di Versailles sebbene l’antica reggia ospitò soltanto le trattative e le firme inerenti la Germania.

[2] Massimo Salvadori, Storia dell’età moderna e contempo vol. II 1914-1945 , Torino, Loescher editore, 1991, p.524

Possiamo individuare tre situazioni-chiave per comprendere la logica delle decisioni prese a Parigi.

1) Crollo degli imperi centrali

La dissoluzione dell’impero Austro-ungarico, la dissoluzione dell’impero Ottomano e la sconfitta della Germania protagonista di un espansionismo crescente per tutto il secolo XIX e nel primo squarcio di XX, rappresentano il primo punto di grande rilevanza ereditato dal 1918.

2) La Russia dei Soviet

Al tavolo delle trattative aleggiava il fantasma del comunismo; l’instaurazione del regime dei Soviet aveva trasformato l’utopia della rivoluzione in una prospettiva realistica. La forte instabilità politico-sociale dell’immediato dopoguerra portò a situazioni pre-rivoluzionarie in Germania, in Italia e in Ungheria.Era chiaro che la prospettiva rivoluzionaria agiva su un terreno diverso della mera presa del potere. La sua forza era data dal muoversi sul campo dell’ideale; non gestione dell’esistente ma trasformazione: ridefinizione della società, delle gerarchie, del rapporto tra stato e cittadini e tra classi sociali. Dal 1917 una realtà e un modello, non più una promessa e una teoria.

3) L’idealismo wilsoniano

L’idealismo del presidente Usa W. Wilson era la risposta dei paesi democratici-capitalisti all’idealismo socialista. Serviva una controproposta sul terreno imposto dal movimento socialista internazionale (potremmo chiamarla “autodeterminazione sociale”) e l’autodeterminazione nazionale rispondeva a questa esigenza. Anche se nei punti di Wilson non c’era solo questo, il collegamento tra identità comune e volontà di essere nazione indipendente, diventò rapidamente l’aspetto fondamentale della propaganda dei paesi vincitori.

La conferenza

I lavori iniziarono il 18 gennaio 1919 a Parigi. Le trattative di pace, che dovevano servire a stabilire tempi e modi di risarcimenti dei danni di guerra nonché ristabilire i confini delle nazioni nei territori sottratti agli imperi sconfitti, si articolarono con una serie di conferenze separate. Solamente la pace con la Germania fu discussa nella reggia di Versailles; gli altri trattati furono elaborati a St. Germain (Austria); Trianon (Ungheria); Neuilly (Bulgaria) e Sèvres (Turchia). I lavori furono seguiti da 32 delegazioni nazionali, ma il potere decisionale spettò formalmente ai quattro paesi vincitori:Francia: George Clemanceau (capo del governo)Inghilterra: David Lloyd George (primo ministro)USA: T. Woodrow Wilson (presidente)Italia: Vittorio E. Orlando (capo del governo)

In realtà l’Italia ebbe subito un ruolo secondario in ogni fase delle trattative: non era una grande potenza e Orlando fu messo ben presto alla porta con la motivazione che le rivendicazioni italiane riguardavano solo i confini con l’Austria. Questa vicenda scatenò grandi polemiche e si rivelò una specie di umiliazione nazionale, al punto da far rientrare curiosamente l’Italia tra le nazioni assetate di rivincite nei decenni a seguire.

I paesi sconfitti non ebbero diritto di rappresentanza alle trattative e dovettero limitarsi a sottoscrivere gli accordi imposti dai vincitori.
Le trattative furono incentrate su quattro fondamentali questioni da risolvere

1) creare un “cordone sanitario” intorno alla Russia

Per isolare la repubblica bolscevica si pensò di creare un cordone sanitario di stati anticomunisti. Da nord verso sud questi stati erano nell’ordine:la Finlandia, regione autonoma dell’impero zarista alla quale Lenin concesse la secessione (valse il principio dell’autodeterminazione);i paesi baltici Estonia , Lituania e Lettonia senza alcun precedente storico, ma di etnia nettamente distinta da quella russa;la Polonia a cui fu restituita l’indipendenza dopo 120 anni;la Romania diventata quasi il doppio del territorio del 1914 per le annessioni di vaste regioni dell’impero austro ungarico e della Bessarabia.Non riuscì invece il tentativo di inserire nella fascia di protezione i paesi del Caucaso, l’Arzeibajan e la Turchia. I primi furono inglobati nell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, mentre la Turchia a seguito della rivoluzione (non comunista) perseguì una politica antimperialistica e firmò uno specifico trattato bilaterale con la Russia nel 1921.

2) Tenere sotto controllo la Germania

Nei trattati con la Germania prevalse l’interesse nazionale della Francia per indebolire permanentemente il pericoloso vicino. La cosiddetta “pace punitiva” si articolava in due tipi di clausole:

• Clausole non territoriali• Riduzione dell’esercito sotto i 100.000 uomini e della flotta a funzioni di difesa costiera• Fascia smilitarizzata sul confine Sud-occidentale• Perdita di tutte le colonie (e divieto di nuovi acquisti)• Cessione in gran parte di: flotta commerciale, bestiame, carbone (per 10 anni)• Danni di guerra per 269 miliardi di marchi-oro (poi ridotti a 132)

• Clausole territoriali• Schleswig del Nord alla Danimarca• Posnania, Alta Slesia e «corridoio di Danzica» alla Polonia (Prussia orientale separata)• Occupazione militare per 15 anni della regione del Reno (riva sin. e 50 km riva destra)• Bacino carbonifero della Saar alla Francia per 15 anni• Alsazia-Lorena alla Francia

3) Costituire la Società delle Nazioni

La SDN ebbe la sua sede a Ginevra, inaugurò le proprie sedute nel 1920 e rimase attiva fino al 1946. Nell’arco dell’attività ne fecero parte 63 stati, ma solo 31 per l’intero periodo di attività.

4) Ridisegnare e ridefinire la cartina geopolitica dell’Europa

Sistemata la Germania e la Russia, restava da ridisegnare il territorio lasciato libero dalla dissoluzione degli imperi dell’Austria-Ungheria e Ottomano. La teoria diceva di far decidere alle popolazioni secondo le affinità etniche e linguistiche. Ecco come andarono le cose:

Impero Austria-Ungheria

Trattato di Saint-Germain settembre 1919

Trattato di Trianon giugno-settembre 1919

Spartizione territori dell’ex Austria Ungheria

Il cuore dell’impero viene ridotto a due piccoli stati: l’Austria e l’Ungheria. Tra le clausole imposte all’Austria figurava il divieto di unione alla Germania e – esattamente come l’Ungheria – la riparazione delle spese di guerra e la riduzione degli armamenti. I trattati comportarono la perdita per l’Austria dei 7/8 del territorio e per l’Ungheria dei 3/5 della popolazione.

Beneficiarono della spartizione: l’ Italia che guadagnò il Trentino, il Sud-Tirolo, Trieste e Istria; la Polonia , che fu resuscitata dopo 120 anni (composta anche da parti dell’ex impero russo ed ex impero germanico); la Cecoslovacchia, uno stato creato ex novo componendo le regioni tedesche della Boemia con la Rutenia e la slovacchia; Jugoslavia, stato creato ex novo unendo alla Serbia (popolazione slava-ortodossa) la Slovenia (regione ex austriaca), la Croazia (ex Ungheria), la Bosnia Erzegovina (popolazione mista tra mussulmani, slavi ortodossi e cattolici croati) e il piccolo regno del Montenegro fino a quel momento indipendente.

Impero Ottomano

Lo smembramento del gigante turco apriva scenari nuovi nella zona del Medio Oriente, un’area in procinto di diventare strategica per l’approvvigionamento delle fonti energetiche. Il principale pretendente al controllo dell’area era il governo britannico, che lo ottenne giocando contemporaneamente su tre tavoli:

a) In guerra con la Turchia, l’Inghilterra avvia nel 1915 trattative segrete con lo sceriffo della Mecca Hussein a cui promette la costituzione di uno stato arabo indipendente in Medio Oriente in cambio dell’appoggio alla lotta contro gli Ottomani (Lawrence d’Arabia);

b) In cerca di consensi nell’opinione pubblica ebraica e di finanziamenti dalle banche Rothschild, l’Inghilterra nel 1917 concede ai sionisti la Dichiarazione Balfour.

c) Stipula, nel maggio 1916, segretamente con la Francia l’accordo Sykes-Picot, secondo il quale la maggior parte delle terre arabe sotto il dominio turco sarebbero state divise tra una sfera di influenza britannica e una francese.

Con i trattati viene attuata la terza soluzione; ovvero la spartizione di tipo colonialista tra Francia e Gran Bretagna. E’ l’esempio più esplicito del prevalere dell’interesse nazionale (economico e politico) su qualunque pretesa idealistica. La Gran Bretagna assecondò il pugno di ferro voluto dalla Francia contro la Germania, in cambio dei protettorati su vaste zone ricche di petrolio, tra cui l’Arabia e l’Iraq. Anche la regione palestinese rientrava nel mandato britannico.Inoltre fu stabilita la nascita dello stato di Turchia limitatamente alla penisola Anatolica, l’internazionalizzazione degli stretti del Bosforo e dei Dardanelli, la cessione alla Grecia del territorio di Smirne, Tracia e Adrianopoli e all’Italia di Rodi e il Dodecaneso.

Quali conseguenze ?

“I conflitti nazionali che lacerano alcune aree europee ai nostri giorni altro non sono che i nodi di Versailles che ancora una volta vengono al pettine.” 

La considerazione di Hobsbawm risale al 1994 ed è in gran parte riferita alla guerra in ex-Jugoslavia.

• CORDONE SANITARIONon riesce il tentativo di bloccare il processo rivoluzionario con l’isolamento forzato. La Russia bolscevica recupererà gran parte del territorio appartenuto all’impero zarista e, nella nuova forma di Unione Sovietica, ricomparirà nella scena delle relazioni internazionali nel 1943-45 come autentica super-potenza mondiale.

• GERMANIA. L’imposizione di condizioni durissime sono alla base del disastro economico della Repubblica di Weimar e del diffuso revanscismo della popolazione tedesca nei confronti della Comunità internazionale e della Francia in particolare. Sono condizioni importanti per l’ascesa inarrestabile di Hitler nella fase più acuta della crisi economica e istituzionale del 1932.

• SDN. La Società delle Nazioni fu il più clamoroso fallimento diplomatico mondiale. I limiti della nuova struttura furono subito evidenti. La Germania fu esclusa in quanto colpevole di guerra. La Russia fu esclusa in quanto paese rivoluzionario. Il Congresso degli Stati Uniti non ratificò l’adesione, tornando alla vecchia politica dell’isolazionismo e sconfessando apertamente la politica estera del Presidente. Ad eccezione che per alcuni contenziosi locali e la raccolta di dati statistici la SDN non riuscì ad intervenire, né ad avere voce in capitolo, in nessuno dei gravissimi avvenimenti che minacciarono la pace internazionale prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale: aggressione del Giappone alla Manciuria nel 1931, aggressione dell’Italia all’Etiopia nel 1935, occupazione della Renania da parte della Wermacht nel 1936, guerra in Spagna 1936-39, occupazione nazista nel 1938 dell’Austria e dei Sudeti.

Autodeterminazione nazionale

Come visto nella lezione precedente gli interessi nazionali prevalsero sempre sulla questione morale. Francia e Gran Bretagna non esitarono ad assemblare popoli e territori senza alcuna considerazione per la volontà dei diretti interessati.

La pretesa omogeneità interna porta i nuovi stati nazionali a sviluppare politiche di esclusione verso le minoranze o, nei casi più estremi, l’espulsione e lo sterminio. Il primo caso si registra tra il 1915 e il 1923 ad opera della Turchia. Il primo popolo ad aver subito il genocidio fu quello armeno nel corso della guerra. Il principio dell’omogeneità etnica fu applicato nuovamente al termine della guerra contro la Grecia (1922) quando oltre un milione di greci, insediati sin dai tempi antichi nelle coste dell’Anatolia, furono costretti all’esodo.

Anche l’Italia applica la nuova logica della omogeneità etnica, varando una legislazione di persecuzione verso la cultura solovena e croata nella regione della Venezia-Giulia e in particolare a Trieste.Ma sono i decenni seguenti a mostrare la tragica relazione tra nazionalità etnico-linguistica e stato.Il delirante progetto del Terzo Reich con l’annessione di tutti i territori con cittadini appartenenti alla Volksgemeinschaft e l’espulsione della razza impura dal suolo germanico, è un caso limite dello stesso principio che doveva pacificare il continente.

In pratica gli Stati-nazione hanno sostituito gli imperi multietnici, e le minoranze oppresse hanno preso il posto dei popoli oppressi; con la differenza che l’intolleranza verso minoranze, dopo il 1919, è diventata molto più accentuata.