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Nazione e nazionalismi

Nazionalismo del Novecento

Il nazionalismo all’inizio della guerra (1914)

Da un certo punto di vista può essere considerato come l’incontro tra il nazionalismo imperiale con quello indipendentista.
Il nazionalismo imperiale (britannico) ha usufruito di tutti i mezzi interventista e in più fa leva sulla virtuosità dell’imperialismo come fonte di ricchezza, potere affermazione di razza. Il nazionalismo indipendentista (serbo) fa leva su razza, lingua e sul territorio per rivendicare potere e autonomia.
Il primo ha creato i conflitti per esasperare i rapporti tra stati; il secondo fa scoppiare la scintilla. Il loro incontro, nell’estate del 1914, è fatale.

Il 28 giugno l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austro-ungarico, e sua moglie vennero assassinati a Sarajevo in un attentato da uno studente bosniaco (ironia della sorte), che agì per la causa serba.

La reazione austriaca innescò una serie di controversie diplomatiche tra tutte le potenze europee, da portare nel giro di un mese alla guerra continentale.

La Russia difese la Serbia, trovandosi Austria e Germania contro. La Francia, alleata della Russia, entrò nel conflitto il 3 agosto. La Gran Bretagna, preoccupata di un’ipotetica vittoria tedesca, entrò in guerra il 4 agosto (formalmente in soccorso del Belgio, occupato dalle truppe tedesche).

L’alternativa era l’internazionalismo socialista: al cospetto di una solidarietà verticale incentrata sullo stato, la II internazionale proponeva una solidarietà orizzontale: operai con operai, legati al di là delle frontiere e della lingua diversa.

La propaganda nazionale nel 1914 ebbe la meglio. Ma non fu una vittoria schiacciante: i ceti dirigenti temettero molto una reazione non positiva alla chiamata alle armi.  

Per i partiti di sinistra fu una lacerazione ideologica: la SPD tedesca risponde alla chiamata di Guglielmo II dichiarando l’appoggio alla guerra “difensiva” per la difesa della civiltà germanica; in Francia Jacques Jaures, leader del partito socialista mantenne una posizione internazionalista: fu assassinato e il partito aderì alla linea della difesa nazionale. Solo in Russia e Serbia i partiti socialisti mantennero un atteggiamento intrnazionalista; in Italia il PSI si dichiarò neutrale.

Anche tra la popolazione prevalse il sentimento nazionalista sull’ideologia socialista.

I minatori del Galles del sud pochi mesi prima della guerra si impegnano in uno sciopero lunghissimo, rifiutando qualsiasi mediazione o appello in nome della “nazione”. Allo scoppio del conflitto si offrono in migliaia come volontari per andare in guerra.

700.000 volontari nelle prime otto settimane; 1 milione successivamente. E sono quasi tutti operai.

Perché nelle coscienze popolari ha prevalso il nazionalismo?

Forse l’internazionalismo apparve troppo astratto in un momento come quello. Inoltre c’era la convinzione che la guerra sarebbe stata corta e vincente. Ma la realtà cambiò le carte in gioco.

Mai un guerra fu così brutale dal punto di vista psicologico. L’esperienza del fronte risultò scioccante per i soldati di ogni nazionalità; così alla riuscita della rivoluzione bolscevica ci fu un ritorno del sentimento internazionalista con diserzioni di massa in ogni esercito. Molti russi abbandonarono semplicemente il fronte; in Francia nel maggio 1917 si contarono 40.000 diserzioni; in Italia la tenuta sul Piave si deve anche alla durezza con cui furono affrontati i numerosissimi episodi di diserzione (molti giovani militari furono fucilati perché si rifiutavano di continuare la guerra).

Il nazionalismo alla fine della guerra (1918)

Esistono due tendenze abbastanza marcate: il nazionalismo europeo e il nazionalismo extra-europeo.

Europa

La linea fu tracciata dal presidente degli Stati Uniti Wilson, il quale propose per il continente europeo un tipo di equilibrio geopolitico basato (in teoria) sui valori della democrazia e dell’autodeterminazione. Il progetto prevedeva alcune strutture sovranazionali in grado di orientare la politica estera dei paesi. Ma i 14 punti illustrati nel gennaio 1918 dal presidente Usa (tra cui l’abolizione della diplomazia, la riduzione degli armamenti “all’estremo limite compatibile con la sicurezza interna del paese”, il rispetto delle frontiere russe e il riconoscimento di nuovi stati sovrani: Jugoslavia, Polonia, Ungheria, eccetera) ottennero vasti consensi nei circoli progressisti ma ben poca fortuna nelle cancellerie. Proprio come l’esperienza della Società delle Nazioni, l’idealismo wilsoniano, risultò un fallimento delle strategie di ricostruzione dell’Europa nel primo dopoguerra.

Dal punto di vista del nazionalismo, la formazione di nuovi stati non omogenei dal punto di vista etnico-linguistico, non risolse questioni scottanti nel cuore del continente. (vedi il caso Jugoslavia)

Il nazionalismo totalitario

Negli anni ’30, in seguito alla crisi economica e alla debolezza del sistema democratico, si formano regimi improntati al nazionalismo più sfrenato.

Italia e Germania sono le nazioni guida in questa ideologia. Il fascismo ha fatto leva sul razzismo già da prima del varo della legislazione antisemita del ’38. (Basti pensare alla retorica che ha accompagnato l’avventura coloniale).

In Germania l’odio razziale è stato posto alla base dell’intera politica nazionalsocialista. Non solo verso gli ebrei, ma anche verso nomadi, slavi, russi… La visione che Hitler voleva realizzare con la guerra, era un nuovo ordine mondiale con una razza padrona (quella ariana) che colonizza il resto del mondo per restaurare un sistema economico basato sulla schiavitù.

Nazionalizzazione delle masse nel regime nazi-fascista

Per controllare ed ottenere consenso in paesi antidemocratici furono messi a punto nuove tecniche di propaganda e gestione. I cittadini diventano sudditi. Abbiamo una nuova sofistificazione: una accentuazione all’uniformità e all’obbedienza verso la nazione.

Per fare questo vengono utilizzati nuovi potenti mezzi: con i mass media (giornali e radio) si vuole conformare la cultura. Vengono istituiti poderose organizzazioni corporative per il tempo libero.

Gobbels è il ministro della propaganda, suo compito plasmare la nuova cultura del popolo germanico. Cambia il rapporto stato-società civile. A differenza dello stato liberale, lo stato totalitario interviene per distruggere la società civile, per creare un rapporto diretto stato-cittadino.

Non esistono perciò associazioni libere, sindacati ecc. ci sono solo organizzazioni e strutture emanate dallo stato.

Esempio di distruzione della cellula familiare in favore dello stato.

Il nazionalismo della Resistenza

Nasce come reazione al fascismo. E’ fondato su un movimento di resistenza dal basso, senza caratteristiche di fanatismo ed espansionismo. C’è l’idea di libertà dall’oppressore straniero. Nel monumentale lavoro di Claudio Pavone (“Una guerra civile”, 1995) vengono riportate alcune testimonianze dei combattenti fascisti e dei combattenti partigiani. Entrambi si riferiscono alla “nazione” e alla “patria”; l’idea di nazione era simile: quello che differiva profondamente era l’idea di libertà.
N.B. Anche i comunisti erano fortemente nazionalisti; l’internazionalismo di inizio secolo era ormai molto sfumato.
Illuminante per capire lo spirito dell’epoca, e del modo in cui si è rigenerata l’idea stessa della nazione, una citazione di Natalia Ginzburg, che così descrive il nuovo significato della parola “patria”:

Le parole “patria” e “Italia”… che ci avevano tanto nauseato fra le pareti della scuola perché accompagnate dall’aggettivo “fascista”, perché gonfie di vuoto, ci apparvero d’un tratto senza aggettivi e così trasformate che ci sembrò di averle udite e pensate per la prima volta. D’un tratto alle nostre orecchie risultarono vere (…) La patria erano quelle strade e quelle piazze, i nostri cari e la nostra infanzia, e tutta la gente che passava.

Una patria stavolta contadina e cittadina, lontanissima dalla retorica nazionalista razzista e militarista, e vicino a un’idea di nazione che si rappresenta nella vita quotidiana dei suoi appartenenti. Piero Calamandrei segna con parole straordinarie questa versione solidaristica del concetto di patria:

“Si è ritrovata la patria: la patria come senso di coralità e comprensione umana tra nati nello stesso paese, che si intendono con uno sguardo, con un sorriso, con un’allusione” .

(da Diario 1939-1945)